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Lì, dove inizia la pittura

dal progetto

L'ORA CHE FUGGE

esposizione in sei movimenti

quinto movimento:

Linda Carrara

a cura di Davide dal Sasso

Riss(e) Varese

Lì, dove inizia la pittura

di Davide Dal Sasso

Rendere possibile l’azione pittorica è questione di sguardi e di scelte. I primi consentono di scrutare scenari e situazioni, le seconde sono basi per agire. Vorremmo dire che tra gli uni e le altre vi sia una gerarchia. Non solo, ma anche una relazione composta e riconoscibile che garantisca il rinvenimento di qualche certezza. Sempre, siamo in cerca di certezze. Nelle arti, così come in altre attività umane. Per esempio, quelle sulla loro essenza: che cosa sono quei due ingredienti dell’azione pittorica? Sono sguardi non solo i modi effettivi di vedere le cose ma anche quelli per ripensarle, nonché altri ancora altrettanto cruciali per avere una qualche idea di come si potrà andare avanti nelle attività. In una direzione o in un’altra. Le scelte si prenderanno di volta in volta. Non sempre dopo uno sguardo, ma neppure necessariamente prima di ricalibrarlo per orientare il lavoro. Le une si mischiano agli altri. Ma neppure le scelte sono così cristalline come si vorrebbe, tanto nella loro imprescindibilità quanto nel loro palesarsi. Posare qualcosa altrove. Tracciare una linea al posto di un cerchio. Coprire una superficie con un solo colore anziché con due. Andare avanti dichiarando di non voler scegliere. Sono tutte scelte. Sappiamo che ci sono per via degli esiti che determinano.

Tutto quel lavorio che alimenta la pittura, le sue presentazioni con segni e immagini, non è solo una questione visiva. Piuttosto, è un insieme di operosità umane che animano anche le attività pittoriche e che rimangono naturalmente sullo sfondo. Quel che conta è la forma che si otterrà con la pittura, non i processi che la rendono possibile. Ma se in qualche modo si invertisse la rotta, la pittura potrebbe includere anche il tentativo di esternare quel fare. In tal caso, essa porterebbe alla luce le fasi della composizione, le circostanze dell’anticipazione, le ostentazioni dell’ornamento. I limiti e le possibilità della decorazione. Pur essendo imprescindibile, l’origine della pittura è anche marginale. Linda Carrara ne è consapevole e lo rende manifesto con tutto quello che fa. 

 

Frapposizioni

 

Solitamente, noi di quello che fa Carrara per elaborare le sue opere ne sappiamo davvero ben poco per non dire assolutamente nulla. Cosa venga prima e cosa dopo, si deve alle sue scelte. In che modo prenderà forma sulla tela una sua immagine dipenderà dai suoi sguardi, da come agirà. Quel che ha fatto per arrivare a mostrarci un pezzetto di scotch di carta – presente solo in apparenza in alcuni suoi dipinti – non lo sappiamo. Certo, potremmo immaginarlo oppure ricostruirlo seguendo il filo delle sue eventuali riflessioni sul suo operato. Ma in assenza di questo, possiamo solo ammettere che affermare non è dipingere. Da un punto di vista metafisico, fare pittura non significa immediatamente dichiarare qualcosa, condividere contenuti mediante una affermazione, ma riuscirci per mezzo di molteplici frapposizioni. Esse sono i frutti dei limiti e delle possibilità della rappresentazione. Vale a dire, del lavoro che l’artista svolge per riuscire a sostituire qualcosa con qualcos’altro. Il lavorio pittorico consiste nella sostituzione: di soggetti mediante tracce pittoriche, di contenuti per via di figure e segni. Ecco perché in pittura non si afferma qualcosa ma lo si figura, lo si presenta altrimenti. Ecco perché, facendo tesoro di tali condizioni di possibilità, Carrara coltiva la sua poetica all’insegna di una indagine permanente sulla natura stessa della pittura.

 

Accertamenti

 

Di natura e materiali, di cose della terra e della quotidianità. È fatta di questo la pittura di Carrara e quei soggetti prima di essere negli occhi di chi potrà guardarli, sono nei suoi dipinti. Qualcosa che diventa qualcos’altro. Così nasce la pittura. Così si sviluppa sulla via di tensioni, incoerenze, tentativi e progressioni. La sua indagine Carrara la svolge facendo, continuando a porsi alla giusta distanza tanto dai soggetti, i loro possibili posizionamenti, quanto dalle superfici. Dubbiosa sull’impossibilità di affermare, Carrara non demorde: lavora su altre possibilità, quelle dell’espressione. Convince ben poco l’eventualità di qualcosa come una ‘pittura concettuale’, in ragione della differenza tra dipingere e affermare. Ma Carrara mira ad aprire un varco utile a mettere in discussione proprio quella difformità. Per riuscirci è necessario lavorare su più piani, dentro e fuori dalla tela.

 

Tessiture

 

A prendere forma non è solo una eventuale immagine ma anche i quesiti sui modi per poterla elaborare. Quella di Carrara è una pittura interrogativa. Una indagine sul fare, basata sulle sue scelte operative, svolta ampliando le possibilità degli sguardi. Consideriamone due: lo sguardo sulla natura e quello sui materiali. Attraverso la pittura possono essere indirizzati e arrangiati con cura a seconda delle necessità che la guidano in quanto pratica artistica. Entrambi possono diventare anche frammenti mnemonici ed essere modellati più e più volte per ottenere una qualche immagine. Data loro una forma, sarà poi attraverso di essa che si potrà guardare gli eventuali soggetti rappresentati sulla base della concretezza delle trame pittoriche. A richiedere la dovuta attenzione, sono esattamente la cosa e il suo spazio di presentazione. Per almeno due ragioni: rivelano l’insufficienza della operosità pittorica con la quale si scontra continuamente Carrara, nonché la sua attenzione per la possibilità stessa di non soffermarsi sul visibile ma anche sul rivelabile.

 

Timpani

 

Raramente la pittura è mera superficie, tanto meno quella di Carrara. Quel che può essere colto osservandola non è che un esordio, l’accenno esteriore di una espressività ben più profonda. Eppure, di quella estensione non possiamo fare a meno. Uno a uno. I colori sulla superficie, un tratto dopo l’altro. Lentamente i primi popolano la seconda che diventa lo spazio che ospiterà una raffigurazione. Qualcosa potrebbe essere riconoscibile in essa, oppure no. A volte, basta anche solo usare il colore. Eppure, ‘superficie’ è il nome proprio della prima condizione necessaria per l’opera pittorica. Carrara lo ribadisce continuamente esprimendo la necessità di potersi servire di altri strumenti per svolgere la sua indagine. Da dentro, sulla pittura, facendola. Ciò significa interrogarsi sulla sua origine e sui suoi sviluppi. Sulla carta o nella mente, posando lo sguardo a terra o scrutando l’orizzonte. Un dipinto può nascere dappertutto. In quei frangenti le possibilità si palesano diventando utili risorse per affrontare le incertezze. Prima di essere questione di stesure di colori sulla tela, quella degli oggetti fluttuanti è concatenazione di perplessità concernenti la luce e i modi di occupazione di uno spazio, la dialettica mutevole tra progetti e processi. Carrara le esplora con consapevolezza e maestria ammettendo che la via sia quella di un’altra visione. Inverte la rotta per riuscire ad affermare, usa il video per restituire i tempi di più movimenti: quelli dei posizionamenti degli oggetti per le sue nature morte, quelli della luce che muta di attimo in attimo. In fondo, si tratta di mettersi all’ascolto.

 

Approssimazioni

 

Prova e riprova. Mette e toglie. Con l’altra cornice, il video, Carrara afferma qualcosa su quel lavoro che indirizza la figurazione pittorica. Quello del quale, senza inversioni di rotta, naturalmente non si saprebbe alcunché. Il suo obiettivo, però, non è tanto di documentarne gli stadi, bensì di insistere con la sua indagine sui suoi ingredienti essenziali, sulle possibilità che le consentono di mettersi all’ascolto e sulle trasformazioni degli sguardi. Non solo i suoi, ma anche in nostri. L’operosità si distribuisce in una successione di fasi che accadono nel corso del processo creativo in cui è coinvolta Carrara durante le attività che svolge per fare una sua opera. Come si sia svolto il processo rimanda ad attimi e repentini accadimenti dei quali si avrà notizia alcuna o parziale. In questo secondo caso, per esempio, si proverà a stabilire se l’immagine preceda lo sfondo o viceversa: ossia, formulando una inferenza alla migliore offerta per sostenere quale sia la posizione degli aculei di un istrice, disposti ordinatamente uno dietro l’altro, rispetto allo sfondo irrigato dai segni della loro presenza. Allo stesso modo, si potrà dire qualcosa su un comune listello di legno, su una pietra, un foglio di carta, su un ramo o sul frammento di una cornice. Lo si dirà, come è naturale che sia, in modo del tutto approssimativo. E non sarà un problema. Bensì la base per tutto quel lavorio immaginativo e interpretativo che proprio la pittura – poiché non è affermazione – incentiva e suscita nel quadro dei differimenti che rende possibili. Lì dove abbiamo i segni di colori e trame su una superficie, iniziano le nostre peregrinazioni narrative. Tra un tratto e l’altro del pennello, vi è anche lo spazio seminato dal quale cresceranno arbusti di storie e congetture.

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